I font sono gli eroi silenziosi del design, possono trasformare un progetto da formale ad amichevole, dargli una voce e qualche volta rendere anche più o meno memorabile un brand.
 
Font è il termine utilizzato per identificare i caratteri tipografici utilizzati nella stampa e nell’ambito informatico. È una parte essenziale del design, deve quindi essere coerente con il messaggio da trasmettere, con l’immagine del brand e con l’obiettivo. In elementi come un’etichetta il font diventa fondamentale nella strutturazione grafica, tanto quanto i colori e gli altri elementi presenti. La scelta del carattere si inserisce all’interno del processo creativo di ogni designer.
 
I font attualmente a disposizione sono moltissimi e con le caratteristiche più disparate. Possono essere raggruppati in alcune categorie principali che ci aiutano a fare una prima scrematura al momento della scelta.
 


I font serif sono quei caratteri che presentano delle grazie, cioè quelle linee perpendicolari alle lettere, come il Times New Roman e il Merriweather. Questo tipo di font sono particolarmente utilizzati nella grafica editoriale, perché spezzando lo spazio tra una lettera e l’altra facilitano la lettura di testi lunghi.
 
I font sans serif non presentano invece grazie, hanno le estremità delle lettere nette, come il Roboto e l’Open Sans. Sono maggiormente utilizzati nei testi visualizzati a schermo, perché risultano più nitidi anche se visualizzati su dispositivi con schermi di bassa qualità.
 
font graziati donano un carattere più classico alla composizione, mentre i sans serif hanno una struttura solitamente più moderna.
 
Ci sono poi i font calligrafici detti anche script, che simulano la scrittura manuale e possono essere utilizzati per titoli, loghi o altri punti con poche parole dove si vuole attirare l’attenzione. Rendono più faticosa la lettura quindi non sono adatti a testi lunghi.
 
I font sono diventati molto popolari negli ultimi anni, ma sono in realtà in giro da moltissimo tempo, dall’invenzione della stampa a caratteri mobili. Da lì proviene anche il termine inglese font, derivante dal francese medioevale fonte che indicava i caratteri tipografici mobili in metallo. Curiosamente è qui che nasce anche l’ambiguità sul femminile o il maschile del termine font, per l’origine francese sarebbe corretto la font, mentre per il prestito dall’inglese si tende a renderlo il font. I termini sono entrambi validi e l’Accademia della Crusca ha dato come indicazione l’utilizzo de la font nell’ambito tipografico e il font per la terminologia informatica.



Il primo font moderno fu ideato da Giambattista Bodoni e utilizzato nella stampa della sua opera più celebre, “Il Manuale Tipografico”, dove venivano elencate le 4 caratteristiche di un buon font. Il carattere è appunto il Bodoni, ancora oggi molto popolare anche in varianti diverse. Lo avrete sicuramente visto perché utilizzato anche da marchi celebri come Vogue e Valentino. 
 
Futura è un altro font celebre che ha fatto la storia, nato nel ‘900 come espressione tipografica del Bauhaus, con le sue linee rigorose e geometriche, e utilizzato a lungo per la sua modernità. La placca lasciata durante lo sbarco sulla luna è incisa in Futura e per questo Kubrik lo scelse per la locandina di “2001: Odissea nello spazio”. 



Oggi uno dei font più popolari è Helvetica Neue e le sue varianti, un carattere nato in Svizzera e diventato famoso per la sua chiarezza e semplicità, che lascia maggior spazio al contenuto. Viene utilizzato anche in tante comunicazioni di carattere pubblico, come la segnaletica della metropolitana di New York. 
 
Le caratteristiche indicate da Bodoni sono ancora utili oggi per la scelta del font: regolarità, leggibilità, buon gusto e bellezza. La leggibilità è fondamentale, così come l’aspetto estetico che deve essere adatto all’immagine generale del progetto. A questo elenco noi aggiungeremmo un altro punto fondamentale: l’obiettivo. Il font deve parlare al pubblico a cui è destinato e portare il messaggio desiderato tanto quanto le eventuali immagini selezionate.
 
Se mi rivolgo a una platea formale con una comunicazione istituzionale, usare un Comic Sans o un font script potrebbe essere inopportuno. Mentre se è un brand di giocattoli che si rivolge ai più piccoli, usare un font simpatico che attira l’attenzione potrebbe essere la scelta più giusta.
 
Ci sono poi diverse regole sulla gerarchia dei font in una composizione grafica, che deve andare a guidare la lettura mettendo in risalto prima l’informazione più importante e poi le altre a scalare. Per farlo si associano spesso più font che legano bene insieme, o si preferisce utilizzare una famiglia di font piuttosto che prediligere il bold per i titoli e il regular per il corpo del testo e così via.

Le regole sono tante e aiutano a guidare la progettazione, una volta che si conoscono, si hanno anche tutte le carte per poterle infrangere e cambiare, magari per lasciare più spazio alla creatività.